BIOGRAFIA
1894
Regina Cassolo nasce a Mede (Pavia) il 21 maggio 1894. Il padre Angelo Cassolo gestisce una macelleria con la moglie Rosa Poggi fino al 1900, anno in cui morendo lascia anche le due figlie.
Regina, di secondo nome Prassede, compie i primi studi in collegio presso le suore Canossiane a Pavia, dove coltiva il suo interesse per la musica dall’età di dieci anni. Frequenta in seguito l’Accademia di Brera, dove si diploma e successivamente si perfeziona presso lo scultore torinese Giovanni Battista Alloati. Il discepolato presso l’artista (amico di Giacomo Balla e di Fillia) le è particolarmente utile per il rigore e la disciplina nel disegno, oltre che per l’esperienza nella plastica.
1921
Sposa il pittore Luigi Bracchi e si trasferisce a Milano in via Rossini 3, dove risiederà per tutta la vita, eccetto brevi spostamenti a Parigi, a Mede e in Valtellina durante il secondo conflitto mondiale.
E’ del 1922 un ritratto a olio di Regina eseguito dal marito sul balcone di casa e del 1958 una curiosa descrizione dell’abitazione di via Rossini, storica dimora di artisti: “Non sono più così numerosi oggi gli artisti che la abitano, questa casa di via Rossini, ma forse sono di più che in ogni altra dimora della nostra città: Castagneto, Corradi, Nizzoli, lo scultore Conti, Clerici e una singolare coppia di coniugi, síngolare perché, pittore lui e scultrice lei, sono agli antipodi o quasi, nella concezione artistica: figurativo lui, Luigi Bracchi, astrattista lei, Regina, che segnò una pagina non dimenticata nella storia del futurismo. E dappertutto la stessa semplicità, la stessa poesia: la tavolozza, i pennelli, il gesso, lo scalpello, una tavola che serve da scrittoio e da mensa, il letto, il telefono. E tutt’intorno la pace, mentre poco lontano i tram sferragliano e le auto sfrecciano (…)”. [1]
1925-1928
Regina ricorda il 1925 con la sintetica nota: “Prime sculture figurative, marmobronzo” [2] . Con una serie di ritratti in gesso, bronzo e un autoritratto in marmo inizia una produzione scultorea di impronta realista che non esclude suggestioni di Maillol e una certa attenzione ai valori di superficie. Appartengono a questo periodo anche alcuni bassorilievi o sculture a tutto tondo in gesso di animali in gruppo o a coppie (cerbiatti, oche, aironi), che rivelano una ricerca sul mondo naturale alternativa al ritratto,traduzione plastica della leggerezza del segno disegnato. Luciano Caramel data già alla seconda metà degli anni venti un interesse per Brancusi, evidente in alcune testine caratterizzate da una sintesi formale e dall’assenza di connotati realistici. Partecipa nel 1928 alla prima mostra sindacale, la I Mostra regionale d’arte lombarda presso la Permanente di Milano: nella IV sala i bronzi di Testa di ragazzo (1925) e Popolana (1925 ca.), una sorta di “maschera” che evidenzia l’intento di svuotare le masse e i volumi, pur in una plastica di tocco e ancora d’impronta realista.
[1] RSS, Passeggiate milanesi. Una casa d’artisti, in “La Metropoli”, 11 aprile 1958.
[2] V. Scheiwiller, Regina, All’insegna del pesce d’oro, Milano 1971.
1931
La personale a due con il marito Luigi Bracchi, presso la Galleria Senato di Milano, dal 27 marzo del 1931, rivela pubblicamente lo scarto rispetto alla produzione di tre anni prima alla mostra sindacale: Regina espone, accanto a sculture del primo periodo in gesso e bronzo, le nuove invenzioni plastiche in alluminio, latta, celluloide, cera, disegni e sculture per un totale di ventidue opere. Sono quindi databili entro il marzo del 1931 sculture come Bambina (1930, latta); Accademico (Ritratto di Marinetti, 1930, latta); Spiaggia (Bagnanti,1930, alluminio); La signora provinciale (Signora dell’800, 1930-31, alluminio); Danzatrice (1930, alluminio).
La mostra rivela nei temi un’inclinazione per alcuni “tipi” contemporanei di figure femminili o virili, per i ritratti d’infanzia, il mondo degli uccelli, il fascino della danza; l’artista è pervenuta a unasmaterializzazione della plastica in direzione di una sintesi formale dovuta all’assimilazione dell’estetica futurista di Fillia e di Mino Rosso, della scomposizione di Archipenko e infine del calibrato gioco antiscultoreo di Gonzáles; da non trascurare l’analogia con i coevi allestimenti di figure in alluminio ritagliato di Marcello Nizzoli; degna di nota, inoltre, è la sperimentazione della celluloide colorata con cui l’artista dà vita a una versione dell’opera Bambina (1930, celluloide blu), esposta alla personale e poi dispersa. L’opera di Regina suscita immediatamente l’ammirazione di Edoardo Persico che le dedica due articoli su “Casabella”, e quella di Fillia che da Torino si ripromette di coinvolgere l’artista.
A fine anno (17 ottobre) ha luogo alla Galleria Pesaro di Milano l’importante rassegna Mostra futurista di Aeropittura e di scenografia, a cura di Marinetti, con la pubblicazione in catalogo del Manifesto dell’aeropittura che costituisce il presupposto per la formazione di un gruppo milanese.
1932-1933
Realizza opere emblematiche come Sofà (Riposo, 1932, latta); Il poeta e la natura (1932, polimaterico); Ritratto del nipote (1932-33, alluminio); Fanciulla con trecce (Bambina con trecce,1932-33, alluminio). Risale al 1932 un primo interessamento di Regina al movimento aeropittorico, anche in seguito alla pubblicazione in febbraio del Manifesto di Prampolini sul n. 1 de “La Città Nuova” di Fillia; l’interesse è confermato dalla presenza nella biblioteca dell’artista di un volumetto divulgativo di Fillia sul Futurismo. [3]
Nel giugno 1933 è invitata da Marinetti all’importante mostra collettiva Mostra futurista in onore di Umberto Boccioni (Milano, Galleria Pesaro, 15 giugno 1933), esposizione che segna l’adesione di Regina al gruppo futurista, con l’opera Sofà, già pubblicata da Persico su “Casabella” nel 1932 e riprodotta sulle colonne di “Il Popolo d’Italia”, insieme a Avventura su cielo rosa, una composizione polimaterica di Bruno Munari. [4] In occasione della mostra si svolge il “circuito di poesia” per l’elezione del poeta campione 1933 in cui risulta vincitore Pino Masnata, che dedica poi all’artista le proprie liriche: “Alla Regina di un popolo di latta un suddito poeta Pino Masnata”. [5] Espone alla Piccola mostra di aeropittori milanesi (Milano, Libreria Bolaffio, 6-15 luglio), con Munari, Ricas, Andreoni, Duse, Manzoni, Furlan, Scaini, Boschini, Asinari, Frisone, Negri ed è invitata da Albano (Rossi) a fine anno alla Mostra di Aeropittura presso il circolo Nazario Sauro (5-19 dicembre) in occasione della “Quindicina futurista”, con l’opera polimaterica Polenta e pesci (1933). [6] La produzione polimaterica (in seguito distrutta dall’artista), incrementata da Albero felice (1933), rappresenta una interpretazione lirica, con accenti dadaisti, della libera sperimentazione futurista.
1934-1936
Partecipa alla mostra Scelta di futuristi venticinquenni. Omaggio dei futuristi venticinquenni al venticinquennio del futurismo, presso la Galleria Tre Arti di Milano (5-18 marzo 1934), sottoscrivendo insieme a Bruno Munari, Gelindo Furlan, Carlo Manzoni, Ricas, il Manifesto tecnico dell’Aeroplastica futurista. Con una missiva del 12 marzo 1934 Fillia, che cura l’organizzazione della sala futurista alla XIX Biennale di Venezia, invita Regina con due gruppi di “aerosculture” indicate poi in catalogo con “Gruppo A” e “Gruppo B” sotto il comune denominatore di “aerosensibilità” (Sofà, Spiaggia, Danzatrice, Bambina, Accademico, La signora provinciale, tutte tra il 1930 e il 1931).
Nel corso dell’estate, il 4 agosto, il comitato organizzatore della Prima Mostra Nazionale di Plastica Murale al Palazzo Ducale di Genova (Prampolini, Fillia e De Filippis) invita Regina all’esposizione; nel 1935 l’artista partecipa alla II Quadriennale di Roma (5 febbraio-31luglio) con La piccola italiana (1935), scultura di notevoli dimensioni che dà avvio a una produzione ispirata nei titoli più dichiaratamente ai concetti dell’aeroscultura e ai temi della macchina, come L’amante dell’aviatore (1935, alluminio), Aerosensibilità (1935, alluminio) o la serie dedicata ai porti (Porto n. 1 e Porto n. 2), tutte opere che verranno esposte alla XX Biennale di Venezia (1 giugno-30 settembre 1936); nel 1936 parallelamente collabora al teatro d’avanguardia Arcimboldi, prosegue nelle sue costruzioni in lastra metallica che espone alla VI Triennale di Milano nella Mostra Internazionale di Scenotecnica Italiana, a cura di Enzo Ferrieri e Luciano Remo: in catalogo si ritrovano “Viaggio al polo (scenoplastico); La donna e il fiore (maschera di metallo); Magia della stratosfera (maschera di metallo); Donne abissine (maschera di metallo); Incanto dell’innocenza (maschera di metallo)”. Tali esperienze scenografiche influenzano un’opera emblematica come Il paese del cieco (1936, alluminio), a cui l’artista dedica particolare cura di bozzetti preparatori, svincolandosi dalle tematiche aerofuturiste: si tratta di una composizione in alluminio che diviene oggetto di un cortometraggio astratto eseguito da Regina per il I Concorso Internazionale di cinematografia scientifica e turistica, a Como, Villa Olmo, (settembre), e in quella sede esposto. Albano (Rossi) e Rosa Menni Giolli si interessano al suo lavoro.
1937-1940
Prosegue le ricerche in direzione astratta ispirate dall’opera di Balla, accentuando l’effetto bidimensionale delle composizioni in alluminio e pervenendo a esiti come Torre (1937, alluminio), una costruzione a quinte e piani intersecati che solo nel titolo conserva un riferimento figurativo.
Nel corso del 1937 si trasferisce per un periodo a Parigi con il marito, anche in occasione dell’Expo; ha contatti con André Breton e Leonce Rosemberg il quale offre all’artista un contratto nella sua galleria, L’Effort Moderne, a cui Regina rinuncia per tornare a Milano; nel 1938 partecipa alla Mostra di Aeropittori futuristi alla Galleria del Milione (9 febbraio) e nell’estate è invitata alla XXI Biennale di Venezia, dove espone alcune aerosculture insieme a Mino Rosso tra cui Sintesi di un veliero dall’alto (alluminio); nel 1939 e nel 1940 si affaccia una crescente disillusione nei confronti del movimento marinettiano che comporta una partecipazione di facciata alle mostre collettive e la riedizione in ferro di opere originariamente concepite in alluminio. Questo avviene alla III Quadriennale di Roma (febbraio-luglio 1939), dove espone Torre, versione in ferro di dimensioni maggiori e alla XXII Biennale di Venezia con Maschera simultanea (Aeroferro di stratosfera, 1939, ferro) e Donne abissine (1939, ferro). Prampolini include l’opera di Regina nel volume Scenotecnica edito nei Quaderni della Triennale.
[3] Il Futurismo, ideologie, realizzazioni e polemiche del movimento futurista italiano, Biblioteca del popolo, Casa editrice Sonzogno, Milano 1932.
[4] E. Persico, Regina: Il Sofà, in “La Casa Bella”, n. 2, 2 febbraio 1932, p. 38; Le onoranze a Umberto Boccioni: l’omaggio degli artisti futuristi, in “Il Popolo d’Italia”, 11 giugno 1933.
[5] Archivio Fermani, Milano. Umberto Boccioni e la modernolatria, articolo a stampa (s.d.) con dedica autografa di Pino Masnata a Regina
[6] G. Musso, Le mostre d’arte. I futuristi alla Nazario Sauro, in “Il Popolo d’Italia”, 22 dicembre 1933.
1941-1950
Negli anni quaranta Regina si apparta, trascorre questo periodo a Mede e in Valtellina, con il marito e per necessità, lontana dallo studio milanese, torna al disegno eabbandona la lamiera ritagliata. Disegna e modella i bassorilievi per la cappella di famiglia.
Nel 1945, a guerra finita, l’artista ritorna a Milano. Gli studi sui fiori iniziati negli anni di Mede, spesso colorati anche attraverso materiali inusuali come il succo delle foglie e dei petali strofinati, sono trasferiti in sculture in gesso e in marmo, divenendo forme plastiche astratte, in un processo di sintesi teso a penetrare i processi formativi della natura. La forma si semplifica e si libera in una composizione equilibrata e armonica. Regina torna alla scultura in gesso, ora armato, in opere biomorfe, frutto degli studi sulla struttura interna del fiore: Modulazioni (1946, gesso), Scultura spaziale (Scultura concreta, 1947, gesso), Ritratto di Mariuccia Rognoni (1948, gesso), Scultura concreta (Fiore a tre petali, 1949, gesso). Regina visita la mostra milanese di Arte astratta e concreta a Palazzo Reale nel gennaio 1947 e assiste alla conseguente formazione del gruppo concretista milanese.
1951
Aderisce al Movimento d’Arte Concreta (MAC) forse su sollecitazione di Bruno Munari, amico fin dai tempi dell’avventura futurista e di Gianni Monnet. La mostra personale di Regina alla Libreria Salto (5-19 gennaio), presentata dal marito Luigi Bracchi, sancisce l’appartenenza al gruppo: questa esposizione intenzionalmente pone in relazione la scultura Aerosensibilità (1935) con la produzione biomorfa di fine anni quaranta come Scultura spaziale (Scultura concreta, 1947, gesso), Scultura concreta (Fiore a tre petali, 1949, gesso) e con alcuni disegni di più rigoroso astrattismo geometrico. [7]
Nella prospettiva di recupero delle esperienze non figurative d’anteguerra, Regina è tra gli artisti che espongono alla mostra I primi astrattisti italiani 1913 -1940, presso la Galleria Bompiani (20 marzo) e nella successiva Gli artisti del MAC (7-16 aprile), dove presenta Scultura concreta (1950, gesso) e Fiore (1951, gesso). E’ coinvolta da Marcello Nizzoli e Bramante Buffoni nell’allestimento “Il Bosco”, progettato per la IX Triennale di Milano nella sezione “Abitazione”, che riproduceva la sensazione di una natura astratta: colloca su piedistalli alti e stretti Modulazioni (1946, gesso); Scultura concreta (Fiore a tre petali, 1949, gesso); Canarino (versione in bronzo). Riprendendo l’idea della iniziale scultura in celluloide dei primi anni trenta, elabora un’opera in celluloide costituita da forme astratte circolari, ispirata forse all’astrattismo di Balla, identificabile con Struttura (con volute e cerchi, 1951), esposta il 13 ottobre alla collettiva di Arte concreta alla Galleria Bergamini, come si evince da uno schizzo riportato sulla quarta di copertina del bollettino n. 1 di Arte concreta (novembre 1951); lavora contemporaneamente a sculture in plexiglas, con Mazzon e Munari di cui alcuni schizzi, sempre di strutture composte da forme circolari, sono pubblicati come “forme spaziali realizzate in materia plastica” nel bollettino n. 2 di Arte concreta (dicembre 1951); si interessano al suo lavoro Gillo Dorfles, Mario Radice, Enotrio Mastrolonardo, Mario Ballocco.
1952-1957
Dal 1952 la sua ricerca astratta si incentra in una plastica di suggestione “spazialista”, nel senso di una nuova consapevolezza della infinita dimensione cosmica, con strutture filiformi, rettilinee o angolari spazialmente articolate, come Sputnik (Linee di volo, 1952, gesso); oppure si basa su elementi più geometrizzanti, spesso circolari. Dal punto di vista tecnico l’innovazione più vistosa è rappresentata dalle strutture in plexiglas esposte in differenti occasioni con Munari, come l’importante rassegna Materie plastiche in forme concrete (Milano, Saletta dell’Elicottero, 11-31 gennaio 1952).
In prospettiva di una collaborazione con l’industria partecipa a Studi per forme concrete nell’industria motociclistica (Milano, Saletta dell’Elicottero, 21 marzo-17 aprile 1952); Regina è quindi invitata da Ballocco alla I Mostra delle arti e dell’estetica industriale (Milano, XXX Fiera di Milano, aprile), che affianca opere d’arte contemporanea a prodotti dell’industria; partecipa alle principali iniziative del MAC come la Mostra dei pittori concreti di Milano e Torino (Torino, Saletta Gissi, 15 novembre 1952); espone infine Plastico disintegrato (1952, plexiglas) alla nota Mostra di dicembre (Milano, Galleria Annunciata e Saletta dell’Elicottero, dal 16 dicembre 1952), in occasione della quale viene promulgato il manifesto del Disintegrismo: l’artista avrebbe dovuto “spargere gli elementi attorno allo spettatore. Questi deve poter entrare fisicamente nell’opera come entra in un’architettura o in un paesaggio”. [8]
Tali suggerimenti convincono forse Regina a elaborare strutture in plexiglas costituite da elementi appesi con invisibili fili di nylon, alcune assemblate con fili di ferro, in un continuo gioco di trasparenze tra moduli di un cromatismo acceso, cristallino e superfici trattate manualmente, spesso opacizzate; in tal senso la sua immaginazione plastica pare alludere alla possibilità di una integrazione nell’architettura, come dimostra il suo coinvolgimento nelle collettive promosse dallo Studio B24 quali Collezione ambientata (dal 13 ottobre 1953), o la successiva MAC-Espace: esperimenti di sintesi delle arti (Milano, Galleria del Fiore, dal 14 maggio 1955). Regina infatti aderisce con gli amici al “MAC-Espace”, ma l’esperienza di gruppo si conclude nel 1957 con la I Rassegna nazionale di arte concreta alla Galleria Schettini (dal 30 marzo); attenta come sempre agli sviluppi della scienza e della tecnica e attratta dalle recenti conquiste spaziali, in quell’anno rinomina alcune sue sculture dei primi anni cinquanta (Linee di volo in Sputnik e Scultura concreta in Scultura spaziale).
[7] “Numero”, 31 gennaio 1951 pubblica Scultura spaziale (Scultura concreta,1947) come opera esposta alla Libreria Salto.
[8] “Arte Concreta”, n. 10, dicembre 1952.
1958-1974
Terminata la fase del MAC Regina si ritira in disparte, lontano dai clamori e dai proclami, seguendo tuttavia in prima persona la realtà artistica milanese; in questo periodo conosce Piero Manzoni di cui apprezza l’opera e sperimenta una fase informale e tachiste evidente in una serie di disegni databili ai primi anni sessanta. Affianca al disegno e al collage di carte, attività sempre praticata e costantemente esercitata, una produzione di plexiglas basata su pochi elementi di un geometrismo più insistito con opere da lei intitolate specificamente “strutture”.
Una visione strutturale si infittisce nei disegni di questo periodo caratterizzati da forme astratte emergenti da textures di trame rettilinee, talora incise; sovente impiega su carta la tecnica del grattage che riproduce anche sulle superfici in plexiglas; da un punto di vista spaziale l’artista sviluppa più consapevolmente la composizione a “teatrino” in opere in cui il colore, quando esistente, è dosato con maggiore pacatezza e più circoscritto. Dal 1963 il rapporto con Carlo Belloli, amico fin dai tempi del Futurismo e poeta-visivo, stimola Regina a comporre una serie di disegni dedicata al suono delle campane, preludio a quella nota cartella sul Linguaggio del canarino (1966), sorta di tavole parolibere che per la singolare attenzione alla traduzione del linguaggio nel segno e nella parola disegnata suscitano l’interesse del cibernetico Silvio Ceccato; gli anni 1965 e 1966 sono contraddistinti da disegni e sculture in plexiglas aventi per soggetto i “cosmonauti”, ancora di suggestione spaziale, ispirati dalle imprese dell’astronauta russa Valentina Tereshkova.
E’ della seconda metà degli anni sessanta l’interesse crescente da parte di Vanni Scheiwiller e del sodale Gaetano Fermani all’opera di Regina: grazie all’impegno dell’editore e all’amicizia di pochi l’artista conosce tra la fine del decennio e i primi anni settanta una vera e propria rivalutazione, con le prime pubblicazioni monografiche (Scheiwiller, 1971). Nel 1969 è invitata alla celebrazione del 60° anniversario del Futurismo alla Biblioteca Civica di Milano e alla mostra Nuovi materiali, nuove tecniche a Caorle (luglio-agosto); nel 1970 la sua opera degli anni trenta è rivalutata nella mostra Aeropittura futurista (Milano, Galleria Blu maggio giugno); due anni dopo è tra gli artisti contemplati in Milano 70/70: un secolo d’arte al Museo Poldi Pezzoli (Milano); si affaccia intanto l’attenzione da parte di storici dell’arte come Luciano Caramel che cura la mostra L’esperienza dell’aero-spazio nella pittura contemporanea a Legnano, presso la Galleria civica d’arte (novembre 1972-gennaio 1973).
Regina si spegne a Milano nella notte tra il 13 e il 14 settembre del 1974.
L’ Archivio Regina è un’associazione culturale nata per iniziativa di Gaetano e Zoe Fermani, nell’intento di dare un seguito alle ultime volontà dell’artista. Tra gli scopi principali dell’associazione, che si avvale di un apposito comitato di esperti, vi è la valorizzazione culturale e la diffusione dell’ arte di Regina a livello internazionale, la tutela dell’autore, della sua produzione artistica e della documentazione ad essa riferita, l’archiviazione della sua opera e il Catalogo Ragionato, la promozione della ricerca storico-artistica.